
Nella primavera del 1991 mi trovavo negli Stati Uniti. Per la laurea, la mia famiglia mi aveva regalato un soggiorno di sei mesi presso il College of Mount Saint Vincent, pochi chilometri a nord di New York, nel quartiere di Riverdale.
La missione era: imparare la lingua e affinare le mie abilità in un contesto lontano dalla mia zona di conforto. Fu un bellissimo terremoto che abbatté molte barriere mentali e pregiudizi, lavorai al mio inglese come un vaso di ceramica, aggiungendo parole e modellandolo quotidianamente, nello scambio continuo con coetanei che provenivano da qualsiasi parte del mondo, fuorché dall’Italia. Dopo due mesi, cominciai però ad avvertire le radici che tiravano, sentivo forte il desiderio di rallentare, anche solo per un po’, quella giostra continua di costruzioni sintattiche e grammaticali, per dedicarmi a una conversazione immediata in italiano. E, soprattutto, volevo bere un buon caffè. Mario Garraffo, allora presidente della rete locale di Alumni Bocconi, che mai avevo incontrato prima, accettò di vedermi. All’epoca era a capo della Ifil Usa, ora Exxor, non proprio uno con manciate di tempo da regalare. Da quell’incontro presi a partecipare a quasi tutti gli eventi organizzati dagli Alumni nella Grande Mela, e la maggior parte delle cose che mi sono accadute in seguito, anche molto dopo, è figlia del caffè con Mario.
Nella storia di ciascuno c’è almeno un maestro, un mentore, il portatore di life skill. Io li ricordo tutti, e se penso ai momenti in cui sono arrivati comprendo abbastanza facilmente perché li ho eletti.
Mi imbatto spesso in diverse liste, puntualmente numerate, di elementi da considerare per individuarlo, di selezioni da fare in base a parametri utilitaristici per attribuire questa spilla. Personalmente, credo che il mentore si imponga alla nostra vita in una sorta di auto investitura. Senza funzioni o proclamazioni, il nostro cuore spontaneamente si aggancia alla guida di queste persone in uno slancio sicuro che inconsciamente ha già elaborato tutte le considerazioni necessarie: quando la strada si offuscherà e i miei passi rallenteranno, saprò chi seguire. Mario non mi ha mai spiegato l’importanza di donare tempo, me ne ha fatto vivere il valore.
Altri Mario c’erano stati nella mia vita, ma la combinazione New York / lontananza dalla zona di conforto / predisposizione all’ascolto / voglia di un caffè e di socialità “casalinga”, mi ha portato a lui.
Ognuno di noi vive un mix di casualità ogni giorno, dobbiamo solo saper cogliere.
I mentori fanno parte di quelli che chiamo “incontri mattoncino”, grazie ai quali costruiamo un livello superiore nell’edificio della nostra storia. Nella maggior parte dei casi, infatti, quando la nostra zona di conforto viene messa in crisi e il palazzo delle certezze trema, lì, tra una platea multiforme di presenze più o meno amiche, se ne distacca una che ci aiuta a trovare la “nostra” risposta. Una guida autentica non avrà mai in tasca la sua soluzione al tuo disagio, ma saprà aiutarti a farti le domande giuste e a evitare le false ideologie. Ma lo farà rispettando la tua natura.
Chi non ama i detti zen? Sono brevi, immediati e veri. A me fanno venire in mente il wasabi, quella pasta verde solitamente servita in piccoli pezzetti accanto al sushi, che in bocca provoca l’effetto di un’esplosione, per poi svanire in pochi secondi.
Le massime hanno un po’ questo effetto, nell’immediato sembrano illuminarci la vita, ma dopo venti minuti a stento ce ne ricordiamo. Tra i pochi tesori che sono riuscito a conservare, c’è questo antico proverbio buddista che recita, “quando l’allievo è pronto, il maestro appare”.
Voglio bloccarlo questo concetto, è troppo importante: cosa significa essere pronti, come si fa ad esserlo?

Che bell’articolo!
Il mio primo mentore è certamente il mio papà, sempre presente attivamente in ogni momento importante della mia vita.
Che il Signore me lo conservi il più a lungo possibile, oggi dall’alto dei suoi 86 anni.
Grazie ancora Gianfranco per avermi dato questo spunto di riflessione. Angela
Grazie a te Angela. Come vorrei poter leggere queste stesse parole su commenti che un giorno faranno i miei figli. Proud
Grazie Gianfranco Minutolo per questo tuo articolo e per la riflessione condivisa con esso….ho subito pensato ai momenti in cui nella mia vita sono apparsi i miei mentori e a chi non avevo ancora dato questo ruolo!!!
Fai bene a ripensarci sempre perchè a volte alcuni mentori non vengono considerati tali finchè non si ripensa al loro importante contributo
Quante verità nel tuo articolo Gianfranco!
Le tue parole riportano a tante situazioni reali, vissute sia come mentee che come mentor ma imparare a decodificarle grazie ai tuoi insegnamenti è un nuovo mattoncino, indispensabile per le stratificazioni successive. Grazie.
Grazie a te Marina. Sono sicuro che i tuoi mentee saranno davvero fortunati.
Wow grazie mille Gianfranco Minutolo. Anche io ricordo precisamente i momenti in cui sono apparsi i miei maestri / mentori e una riflessione così profonda come quella che ho letto me ne fa apprezzare ancora di più cosa mi ha regalato la loro presenza. Grazie mille
Grazie Alberto, mi fa molto piacere il tuo commento. Ricordarsi dei momenti importanti aiuta a replicarli a vantaggio degli altri.
Veto Gianfranco Minutolo. Il moltiplicatore di ascoltare solo se stessi…..è se stessi, appunto. Ascoltare gli altri in modo attivo e partecipato offre invece l’opportunità di aumentarlo quel moltiplicatore….in una modalità nuova e inedita
è proprio così Lorena, grazie per il tuo contributo
Concordo pienamente…io forse ne ho avuto più di uno di mentore secondo la tua descrizione e li ho trovati lì ad ascoltarmi quando meno me l’aspettavo.
Evidentemente sei stato capace a crearti delle buone relazioni. Bravo tu
Bellissima riflessione. Io lo sto ancora aspettando, quel mentore… Ed è da quando sono nata che ascolto. Ma non mi perdo d’animo!
Nevergiveup cara Francesca.