La gestione delle relazioni nel periodo del Covid-19

L’amigdala è una parte del nostro cervello che elabora pensieri e ricordi in reazioni emotive, ed è conosciuta come “sentinella delle emozioni”.
In queste settimane, e in particolare nell’ultima, la nostra sentinella è stata stressata da una delle prime “infodemie” della storia digitale moderna, che in un lasso di tempo molto concentrato ci ha sovraccaricato di informazioni e messaggi di allarme, spingendoci ad azioni spesso contrarie alla logica più elementare (pensiamo alla corsa ai treni nella stazione di Milano).

È giusto che di Covid-19 si occupino gli specialisti.
La frase più sensata degli ultimi giorni l’ha pronunciata Jurgen Klopp, l’allenatore del Liverpool. Interrogato in sala stampa sul Coronavirus, ha risposto “Perché lo chiedi a me? Io sono solo uno con un cappellino e una brutta barba. La mia opinione non ha alcuna importanza”. Facciamo tutti un passo indietro su temi che non conosciamo bene e fidiamoci delle autorità, rispettandole.
È un momento molto delicato, siamo a un passo dal caos, dobbiamo riallinearci secondo le gerarchie costituite e attenerci alle prescrizioni. Che piaccia o no, il Governo indica la strada e tutti siamo richiamati alla responsabilità sociale di andare nella stessa direzione. Senza lamentarci, senza protestare, senza sobillare ulteriormente il dibattito pubblico.
Non è una resa intellettuale, è quello che una comunità seria e rispettosa dell’autorità è chiamata a fare in tempo di crisi.
Voglio quindi concentrarmi in qualche riga su quello che posso fare oggi, a televisore spento e con l’agenda davanti perché uno sguardo va sempre rivolto al domani, al futuro.

 

Come ci stiamo preparando ad affrontare la ripresa? Perché arriverà, possiamo esserne certi. Ci sarà un momento in cui le forze attuali invertiranno la loro inerzia, e la quotidianità come la conosciamo riprenderà velocità. Voglio essere parte e artefice di questo spostamento di equilibri, ma per fare in modo che accada devo mantenermi io per primo in equilibrio, perché la reazione di questi giorni determina l’aumento o il contenimento dei danni, quindi l’intensità della spinta propulsiva del rilancio.
Un grande sostegno e beneficio, in queste settimane, lo sto traendo nel dedicare parte del mio tempo a telefonare ai tanti amici che appartengono alla mia rete relazionale. Il confronto con esperienze diverse, visioni diverse, persone che vivono in ambiti diversi dal mio, mi ha aiutato sensibilmente a metabolizzare riflessioni utili sul come affrontare i cambiamenti in corso e, soprattutto, quelli che ci attendono.
Se ci pensiamo, è la stessa ragione per cui studiamo la storia, per comprendere come l’uomo ha reagito agli eventi e come abbiamo fatto ad arrivare fin qui. Il problema vero è che oggi i cambiamenti, con l’accesso democratico a internet, avvengono ad una velocità che l’essere umano non solo non è in grado di assimilare, ma spesso nemmeno di comprendere.
La tendenza di questo momento è ridurre all’osso, se non azzerare, la socialità diretta. Per esigenze di salute, le autorità hanno disattivato tutti gli snodi fisici del reticolo delle nostre relazioni allargate: scuole, università, locali pubblici, campi sportivi.
Come un polpo che improvvisamente ritrae i suoi tentacoli, ci siamo raccolti su noi stessi e osserviamo spaventati gli eventi dall’oblò dei nostri display.
Il mio consiglio? Oggi, più di ieri, manteniamo viva e attiva la nostra rete. Abbiamo tutti gli strumenti per farlo, la tecnologia ci è amica. Scavalchiamo la paura e uniamo le teste e gli intenti. La nostra amigdala prenderà una sana boccata d’aria e ne beneficeremo tutti.

La decisione è nostra: piangerci addosso, brandendo la bottiglia di Tafazzi, o utilizzare il tempo che la situazione forzata ci sta offrendo per studiare e prepararci ad affrontare la ripresa nel modo migliore, come hanno saputo fare i nostri genitori nei periodi di crisi.
Ho letto per caso un post di Jasmine Laurenti che mi è piaciuto perché invita ad abbracciare la nostra rete, “pronunciando parole cordiali, di apprezzamento e fiducia … scambiandoci parole di Guarigione”.
Telefoniamo, videochiamiamo, teniamo vivo il nostro network in modo appassionato.
È soprattutto nei periodi di carestia che il contadino si prende cura del proprio terreno.
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